Tra le tante curiosità legate al mondo egiziano, a me molto caro anche perché ho visitato con cura questo Paese, c’è il peso che veniva dato all’anima dopo la morte. Mi ricordo, infatti, di aver visto ancora adesso parecchi papiri che riproducevano i vari passaggi di una persona deceduta, prima di poter finalmente scoprire in che modo le proprie azioni terrene avevano influito sul futuro nell’aldilà. Il faraone, in questo senso, doveva mantenere in equilibrio il mondo perfetto creato da Atum. Ecco perché nella nomenclatura ufficiale uno dei nomi del Faraone era Meri Maat, amato da Maat,la dea della giustizia che presiedeva alla pesatura dell’anima nell’aldilà. Ogni monumento o azione doveva allontanare il caos e creare pace e armonia. Il punto di forza, in questo senso, restava la religione che dettava severe e rispettatissime regole nella società e dava una visione diversa della morte.
Per vivere bene, si dovevano rispettare alcune norme morali:, come quelle che seguono:
1 – Non ho commesso iniquità contro gli uomini
2 – Non ho maltrattato i sottoposti
3 – Non ho bestemmiato contro gli dèi
4 – Non ho rubato
5 – Non ho calunniato uno schiavo presso il padrone
6 – Non ho affamato nessuno
7 – Non ho fatto piangere nessuno
8 – Non ho ucciso
9 – Non ho commesso atti impuri
10 – Non ho fornicato con donna maritata
11 – Non ho diminuito le offerte nei templi
12 – Non ho barato sui terreni (per i raccolti da donare al Faraone)
13 – Non ho alterato il peso della bilancia
14 – Non ho tolto il latte dalla bocca dei bambini
Il defunto si presentava dopo la morte davanti al tribunale divino presieduto da Osiride, dio della morte. A questo punto Anubi poneva sul piatto della bilancia il cuore del deceduto, che per gli egizi era sede della coscienza. C’era poi un altro piatto sul quale veniva posta la piuma di Maat. Se il peso dei due piatti era uguale, il defunto riprendeva il suo corpo e tornava alla vita nell’aldilà dove “ara, miete, mangia,beve e fa l’amore e tutto ciò che faceva prima”.
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