L’Irlanda è un’isola bizzarra.
Quassù, ai confini del mondo, il cielo è imprevedibile ma mai scontroso, il vento insistente ma mai scorbutico. Nel giro di un’ora puoi sperimentare tutte le alternative possibili conosciute dalla meterologia. La gente non usa l’ombrello quando piove eppure i cavalli, nelle immense campagne verde e arancio, indossano degli eleganti impermeabili. E’ un luogo fatto di contraddizione e armonia, in cui gli stranieri sono “more Irish than Irish” (“più irlandesi degli Irlandesi”), i centri commerciali sono più storici dei castelli, le librerie sono più affollate delle chiese e le notti sono più luminose delle giornate, tra pub e concerti.
Percorrendola da est ad ovest ciò che ho visto è stata una terra fresca e ricca d’acqua, un’isola aperta ed ottimista abitata da un popolo solare e laborioso, fatto di centinaia di migliaia di “New Irish” da tutti i continenti, di tutti i colori, accenti e sogni nel cassetto. Un Paese che ha fatto delle sue inusuali peculiarità il suo punto forte, il nucleo della sua identità. E come ogni grande isola che custodisce con tenacia e testardaggine le proprie radici, riflette molto su se stessa e sul concetto di Irishness, su cosa significhi oggi essere Irlandesi.
Non significa identificarsi con il vecchio leipreachán (letteralmente “spiritello”), il folletto tipico della tradizione, con l’abito verde e i capelli arancioni; non significa credere nel potere magico del trifoglio che porta fortuna a chi lo raccoglie, né suonare l’arpa celtica come passatempo preferito. Significa preoccuparsi per il vicino e sorridere ad uno sconosciuto per la strada; temere per la sorte di un fairy tree, di un “albero fatato”, e non abbatterlo per accorciare un tratto di strada; significa avere un profondo rispetto per la natura e trarne ricchezza attraverso il turismo culturale che la valorizza anzichè minacciarla, come dimostra l’eccellenza del museo Visitor Centre delle Cliffs of Moher, la bellezza selvaggia dei parchi di Connemara e della valle di Lough Nafooey.
Ma perchè decidere di intraprendere un’esperienza formativa proprio in questa parte d’Europa? L’istruzione in Irlanda è un circolo virtuoso nazionale, una rete prestigiosa di cultura aperta a tutti e dall’aspetto invitante. Basta fare un giro dentro la Dublin City University: una città nella città, abitata e vissuta – non solo frequentata – da oltre sei mila studenti e 700 ricercatori. Il sogno di un’istruzione di alta qualità, resa reale già solo stando all’architettura innovativa di classi e biblioteche, che fa tirare un sospiro di sollievo appena ci si entra.
Come si respira aria di apertura, di tolleranza ed integrazione tra le culture non appena si esce di casa. E’ l’Irish mix, che si traduce con le oltre 200 lingue parlate regolarmente e gli oltre 370 mila stranieri perfettamente integrati nella società irlandese, su un totale di circa 4 milioni e mezzo di abitanti. I dati ci dicono che più del 60% di chi si è stabilito nell’Eire negli ultimi anni è single e sui vent’anni. Una vera e propria società dei giovani quindi, di cui si respira la freschezza nei pub, per la strada, negli uffici e nei negozi.
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