La specialità del Senegal? È sicuramente il ceebu jep, riso con pesce. Ma anche la sua variante alla carne vale la pena di assaggiarla. Per non parlare dell’ottimo pesce arrosto, delle arachidi caramellate dolcissime, e del té kinkelibà, dolce e aromatico.
Non ci sono orari precisi per i pasti, che si fanno quando si ha fame o quando c’è da mangiare: questo rende le cose ancora più complicate perché si rischia di avere fame troppo presto o di arrivare troppo tardi, quando gli altri hanno già terminato quasi tutto.
Si mangia tutti insieme da un piatto ampio e profondo, seduti per terra formando un cerchio intorno ad esso, ma senza rigore né posizioni prestabilite. Nessun concetto somiglia vagamente allo “stare composti”, il galateo è lontano anni luce, lavarsi le mani è inaudito e se qualcosa cade sul pavimento, che dista al massimo tre centimetri dal bordo del piatto, non si butta via. Il piatto tipico è il ceebu jep, un riso dai chicchi piccolissimi e croccanti, con verdure e pesce bolliti insieme e conditi con una salsa piccante. Ognuno, dalla propria porzione immaginaria nella parte di piatto di fronte a sé, si riempie la mano destra: comincia a schiacciare e modellare l’impasto come se volesse farne una polpetta, in modo da prendere la massima quantità di riso a ogni boccone. Poi tira fuori la lingua e con un movimento repentino poggia l’impasto più in fondo possibile, richiudendo la lingua sopra di esso.
Di solito, durante il pasto tutti stanno in silenzio. Non si usa molto parlare, né per commentare le pietanze né per discutere su qualche argomento di interesse generale. E a differenza di qualsiasi altra attività africana, si mangia a un ritmo frenetico: insieme alla danza tradizionale femminile, il pasto si svolge con movimenti rapidi e decisi, con un’energia che sorprende.
Foto | Flickr