Esiste una sottile differenza che non tutti conoscono, ma che è molto importante soprattutto quando ci si siede a tavola e si decide di ordinare un piatto della tradizione locale. La cucina romagnola e quella emiliana non sono identiche e chi decide di trascorrere le proprie vacanze in riviera deve conoscere l’esatto vocabolario che rappresenta le pietanze dell’una e dell’altra secolare gastronomia. Superato il fiume Sillaro, infatti, ci si allontana dalla più pesante presenza di burro e maiale, per avvicinarsi all’olio e al pesce. In questo senso, quindi, non è esatto pensare di trovarsi nella patria del tortellino, mentre si possono chiedere, ad esempio, i cappelletti di magro ripieni di formaggio. Per chi si reputa, poi, una “buona forchetta”, sono da provare pure gli orecchioni, i ravioli a mezzaluna con dentro un ripieno di verdura e formaggio. Il tutto, nel periodo della bella stagione, innaffiato con dell’ottima salsa di pesce.
Chi è, poi, che non ha mai sentito parlare dei garganelli o degli strozzapreti? I primi sono dei maccheroni al pettine, mentre i secondi sono sempre fatti in casa e adattissimi ai sughi di pesce. Come dimenticare, ancora, nell’area adriatica la cucina di mare, che vanta una buonissima qualità. Da assaggiare assolutamente sono l’anguilla alla comacchiese, in guazzetto di pomodoro, cipolla e aceto. Le vongole nostrali, sono dette poveracce e si sposano a perfezione con la pasta o il riso. Squisito pure il brodetto aromatizzato con vino e scorza di limone.
Da non scordare, infine, che in questa parte d’Italia è davvero superbo l’arrosto di castrato sulla brace e anche l’anatra alla romagnola. Si prepara in un tegame con vino bianco o in risotto alla comacchiese. Nulla da aggiungere sulla conosciutissima piadina che è alta a Ravenna, più bassa a Rimini e una sfoglia da Riccione in giù.
foto di: quattro bastano